L’Assemblea Legislativa ha approvato il primo piano regionale antiviolenza, figlio della legge regionale quadro n. 6/2014 sulla Parità, la prima del suo genere nel panorama nazionale.

 

Il piano è il frutto di un percorso di condivisione svolto dall’assessorato regionale alle pari opportunità guidato da Emma Petitti, che ha svolto un importante lavoro di approfondimento e raccordo con la Commissione regionale Parità, gli Enti locali, le associazioni, i Centri antiviolenza e i soggetti socio-sanitari che in tutto il territorio regionale si occupano del tema.

“Con questo strumento di programmazione e coordinamento, ci diamo l’obiettivo di rafforzare la rete di prevenzione, protezione e sostegno alle donne vittime di violenza attraverso azioni condivise. – spiega la Consigliera regionale PD Francesca Marchetti componente della Commissione Parità e Diritti – Il piano prevede di sviluppare la rete di protezione esistente, istituire un Osservatorio regionale sulla violenza di genere per monitorare i dati e omogeneizzare i servizi, sostenere progetti permanenti di formazione e sensibilizzazione rivolti soprattutto a studenti e operatori, costruire percorsi che favoriscano l’autonomia lavorativa ed economica delle vittime; promuovere l’integrazione tra centri antiviolenza, case-rifugio e servizi pubblici; sostegno infine anche ai progetti per gli uomini autori di violenza”.

“Sono i numeri a dire quanto le azioni per contrastare la violenza di genere servono e non sono mai abbastanza: in Emilia-Romagna nel 2015 sono state 3353 le donne, a netta maggioranza italiane, che si sono rivolte ai centri antiviolenza chiedendo protezione e assistenza per sé e per i propri bambini. Più della metà dei figli delle donne accolte, infatti, assiste o subisce direttamente atti di violenza e i numeri sono in crescita rispetto al passato, segno questo che le vittime della violenza di genere sono sempre più spesso anche i piccoli che dovranno fare i conti con questi traumi nel loro percorso di crescita. Per ridurre questa drammatica tendenza rimane molto da fare. Centrale deve essere una forte azione culturale  che a partire dall’educazione, dal coinvolgimento delle scuole come  contesto privilegiato in cui intervenire per prevenire il diffondersi e il radicarsi di un pensiero discriminante  dell’altro. Azioni educative, proprio per la loro specifica valenza, non devono essere un intervento sporadico, ma devono rientrare in una programmazione continua all’interno del sistema scolastico, anche sulla scia di quanto già avviene Importante sarà implementare la collaborazione con l’Ufficio scolastico Regionale anche il  bando della Regione previsto entro l’estate, che per la prima volta sosterrà i progetti territoriali di prevenzione, formazione, educazione e sensibilizzazione contro le discriminazioni di genere e le diverse forme di abuso che colpiscono migliaia di donne in regione ogni anno.”