*di Alessio Mammi, Assessore regionale agricoltura e agroalimentare, caccia e pesca


Le proteste degli agricoltori che si stanno consumando in Italia ed in mezza Europa hanno messo
sotto gli occhi dell’opinione pubblica problemi gravi e rilevanti noti da tempo. I nostri agricoltori
sempre più spesso devono dimostrare doti resilienti, quasi eroiche se pensiamo ai territori rurali o
di montagna. Le proteste e le proposte vanno ascoltate e occorre dare risposte concrete, senza
strumentalizzazioni da parte della politica. In particolar modo da parte di chi ha responsabilità di
Governo. L’agricoltura è un settore strategico ed irrinunciabile, per ragioni economiche, sociali, culturali. Lo
comprendiamo meglio ogni volta che si manifesta una crisi a livello mondiale. Il futuro delle politiche
agricole deve interessarci tutti perché riguarda la sicurezza alimentare dell’umanità e delle
generazioni future.

L’agricoltura europea, in particolar modo italiana, in questi decenni ha fatto enormi passi in avanti
dal punto di vista della sostenibilità ambientale e della qualità nelle produzioni. E’ la più sostenibile
al mondo, tra i paesi economicamente più forti. Nel Piano strategico nazionale agricolo e nei PSR
regionali oltre il 40% delle risorse europee sono destinate a migliorare l’impatto ambientale del
settore. In questi ultimi decenni vi è stata l’enorme riduzione di fitofarmaci utilizzati in campo,
l’aumento consistente di produzioni biologiche o integrate, la diffusione dell’agricoltura di
precisione, gli investimenti per la biosicurezza ed il benessere animale. Nonostante tutto,
l’agricoltura viene accusata in modo generico e sommario di essere il settore più impattante a livello
ambientale, e non vengono mai considerati i benefici che l’attività agricola produce, come la
capacità di trattenere il carbonio nel suolo riducendo le emissioni, la produzione di biometano e di
energie rinnovabili, l’aumento di fertilità dei suoli attraverso i refluì zootecnici. Questi dati devono
essere conosciuti e riconosciuti.

Le imprese agricole stanno attraversando da anni una vera e propria tempesta che riduce le capacità
di reddito, scoraggia il ricambio generazionale e la possibilità di fare investimenti. La pandemia e la
guerra in Ucraina hanno determinato incontrollati aumenti dei prezzi e dei costi dei materiali,
incidendo pesantemente anche nel comparto primario. Il settore agricolo è quello più danneggiato
dagli eventi estremi causati dal surriscaldamento globale. Basti guardare ciò che è accaduto alla
nostra Regione in questi anni tra siccità, alluvioni, gelate e fitopatie.

Se vogliamo dare risposte concrete oggi e disegnare l’agricoltura dei prossimi anni occorre lavorare,
in Europa ed in Italia, su alcuni punti decisivi.

1) Il primo obiettivo è mantenere l’equilibrio tra sostenibilità ambientale, economica e sociale.
Pensiamo al nostro Appennino. La filiera agricola che sostiene la produzione di Parmigiano Reggiano
non è solo una risposta economica, ma contribuisce a tenere insieme le comunità, a evitare lo
spopolamento in montagna e quindi l’abbandono dei campi e di quelle manutenzioni rurali
necessarie a mantenere il terreno in sicurezza e a prevenire il dissesto. Ma senza capacità di
generare reddito le imprese chiuderebbero e non avremmo tutti gli altri benefici. La sostenibilità
deve tenere insieme tutti e tre gli aspetti, se non vuole apparire vuota retorica.

2) La transizione ecologica non si potrà mai fare contro o senza gli agricoltori. Tutte le attività
antropiche, compresa l’agricoltura, sono chiamate a fare la propria parte dal punto di vista
ambientale. Per ridurre le emissioni, salvaguardare la fertilità dei suoli, la biodiversità, e i beni
indispensabili come l’acqua. I drammatici effetti del surriscaldamento globale e di eventi climatici
estremi sono sotto gli occhi di tutti. la contrapposizione tra ambiente e agricoltura è un errore nel
quale non dobbiamo cadere. Ma il compito della politica non è esclusivamente indicare strategie e
possibili effetti ma dire come poterli raggiungere concretamente, tenendo conto degli importanti
risultati ottenuti e dei dati reali di impatto, indicando gli strumenti idonei e anche mettendo a
disposizione risorse adeguate. Fissando obiettivi raggiungibili e tenendo insieme la produttività e la
sostenibilità. Senza capacità di salvare le produzioni, come oggi purtroppo spesso avviene, non
avremo maggiore sostenibilità ma l’aumento delle importazioni di cibo dal resto del mondo con
ovvie conseguenze negative dal punto di vista economico, sociale e anche ambientale.

3) Serve una verifica della Politica Agricola Comune (PAC) attraverso un’analisi d’impatto per poter
capire quali modifiche, integrazioni e miglioramenti è necessario apportare. A livello europeo inoltre
bisogna confermare il valore strategico e irrinunciabile della Pac e lavorare per aumentare la
percentuale di bilancio destinato alle politiche agricole. Altrimenti l’ambizioso e giusto obiettivo di
tenere insieme produttività e sostenibilità non è raggiungibile.

4) Per sfide nuove servono nuove regole. Occorre impegnarsi per togliere dal Patto di stabilità
europeo le spese per l’adattamento, la mitigazione e la resistenza al cambiamento climatico. Sulla
base di questo principio occorre rivedere la normativa sugli aiuti di stato in agricoltura e aumentare
il de minimis, soprattutto per favorire le azioni che servono a salvare le produzioni in campo, come
i sistemi antibrina, gli invasi e le infrastrutture irrigue.

5) Reciprocità. Mentre salvaguardiamo aperti rapporti commerciali internazionali, un mondo di dazi
e protezionismi può solo danneggiarci Lo sappiamo bene in una regione che esporta ogni anno quasi
8 miliardi di euro di agroalimentare e che ha eccellenze uniche e straordinarie amate e richieste in
tanti Paesi. occorre però introdurre il principio di reciprocità nei rapporti commerciali agricoli. I
prodotti agricoli importati in Europa devono rispettare le stesse regole produttive e gli standard
ambientali e per la salute umana richiesti ai produttori europei. Devono essere garantiti ed
effettuati controlli precisi perché questo avvenga.

6) Occorre poter utilizzare pienamente anche in Europa le nuove tecniche genomiche (Tea) NO OGM
per avere varietà più resistenti, produttive e meno esigenti sull’impiego di risorse ambientali.
Bisogna inoltre finanziare adeguatamente la ricerca pubblica e riorganizzarla in modo più efficiente
e incentivare la ricerca privata, per dare agli agricoltori nuovi strumenti di difesa delle produzioni.

7) E’ necessario applicare con forza e determinazione anche nel nostro Paese la legge contro le
pratiche sleali perché è incivile vedere prodotti pagati pochi centesimi agli agricoltori e poi venduti
ai cittadini con prezzi molto più alti. Servono norme che contrastino in modo trasparente dinamiche
speculative o prezzi sotto costo di produzione. Vanno agevolati gli accordi di filiera per un’equa
distribuzione del reddito all’interno delle catene produttive, come facciamo in Emilia-Romagna sul
grano da molti anni.

8) Le aziende manifatturiere spesso acquistano crediti di carbonio in altri Stati del mondo. Occorre
regolare questo mercato per consentire una certificazione autentica a livello europeo dei crediti di
carbonio prodotti dall’agricoltura, con la possibilità di metterli sul mercato generando reddito.

9) Un hardware di regole e norme pensate trent’anni fa non può corrispondere bene alla fase attuale
che stiamo attraversando, piena di emergenze e necessità di velocizzare i processi. Occorre lavorare
ad una semplificazione delle procedure e degli adempimenti richiesti alle imprese agricole nel nostro
Paese, a volte più gravosi di quelli richiesti in Europa. In Emilia-Romagna abbiamo iniziato a farlo
proprio attraverso una delibera regionale approvata poche settimane fa. Inoltre è necessario,
almeno per le filiere agricole in difficoltà come quella frutticola, ridurre il costo del lavoro per
portarlo al livello di altri Paesi europei.

10) Se vogliamo essere all’altezza della sfida e dimostrare di aver compreso le tante richieste che
anche le associazioni agricole in questi anni ci hanno fatto un modo ci può essere. Mettere il
presente ed il futuro dell’agricoltura al centro del lavoro della prossima legislatura europea e di una
vera e propria strategia nazionale, che oggi purtroppo manca: in Italia occorre attivarsi con un
disegno e progetti chiari a favore di ogni filiera agricola. Esattamente come hanno fatto altri Paesi
europei negli ultimi anni – come la Spagna – che sull’agricoltura hanno investito molto,
conquistando poi mercati importanti.

Infine in Europa bisogna andare preparati, conoscere i dossier, costruire alleanze e poi prendere le
decisioni giuste per evitare quella condiscendenza che troppe volte è determinata unicamente dalla
scarsa conoscenza dei temi, e dalla poca capacità di entrare nel merito delle questioni. Questo
aspetto è importantissimo per non subire le decisioni e mettersi nelle condizioni di governare i
processi, dopo che è finito il tempo dei proclami elettorali.