Parere positivo dalla IV Commissione al regolamento che definisce le modalità di richiesta, assegnazione e erogazione del Reddito di solidarietà, la misura di sostegno al reddito che la nostra Regione ha istituito per legge lo scorso dicembre.

Quello di oggi è un primo step che ci avvicina al momento in cui finalmente sarà erogato il contributo voluto e promosso dal centro sinistra in Emilia-Romagna. Prima della discussione e approvazione definitiva in aula, infatti, il regolamento, dovrà essere ritrasmesso alla Giunta regionale per poi ritornare in commissione per il via libera.

Il Reddito di Solidarietà è una misura inedita nel panorama nazionale. Si avvicina al Sostegno per l’Inclusione Attiva messo a punto dal Governo Renzi, ma ne allarga sensibilmente la platea dei beneficiari. La nostra è quindi una vera a propria sperimentazione che non vuole essere una misura assistenzialista, bensì uno strumento che sia utile ad accompagnare i nuclei famigliari (individui e famiglie) che versano in una situazione di grave e temporaneo disagio economico fuori da quella situazione e verso una rinnovata autonomia.

Il regolamento fissa i criteri necessari per richiedere il RES: Isee inferiore ai 3mila euro, adesione a un progetto di attivazione sociale e di inserimento lavorativo (da rispettare pena il decadimento dell’aiuto), essere residenti in Emilia-Romagna da almeno 2 anni, non percepire altri sostegni analoghi. L’erogazione del Reddito di Solidarietà ai nuclei che l’avranno ottenuto avverrà, ogni due mesi, attraverso l’accredito dell’importo – da un minimo di 80 euro, per i nuclei composti da una sola persona, a un massimo di 400 euro al mese, per quelli composti da e 5 o più membri – su un’apposita Carta acquisti prepagata rilasciata da Poste Italiane. Il sostegno al reddito ha una durata di 12 mesi terminati i quali, dopo che siano trascorsi almeno 6 mesi di stop, può essere richiesto per ulteriori 12 mesi.

Rispetto ai controlli, al momento della domanda i richiedenti dichiarano i propri dati attraverso documenti ufficiali (ad esempio la dichiarazione ISEE) o attraverso autocertificazione; tutti i dati vengono verificati attraverso le banche dati in possesso di INPS, o attraverso i dati in possesso dei Comuni. I Comuni poi hanno la facoltà di predisporre ulteriori verifiche a campione.