Garavini: “Così ascolteremo di più e meglio gli adolescenti”

Il Piano pluriennale per l’adolescenza della Regione, la povertà educativa, il tema dei minori stranieri non accompagnati: intervista alla Garante dell’Emilia-Romagna, Clede Maria Garavini

“Ascolto, dialogo, cura, cittadinanza”: sono le parole chiave del Piano pluriennale per l’adolescenza della Regione, che è stato presentato ufficialmente lunedì 19 novembre a Bologna, nella Sala polivalente Guido Fanti dell’Assemblea legislativa. All’evento è intervenuta la Garante regionale per l’infanzia e l’adolescenza, Clede Maria Garavini, per fare il punto sui temi principali toccati dal Piano. A margine della presentazione le abbiamo chiesto di approfondire per il portale Sociale ER alcuni aspetti.

Garante Garavini, quanto è importante l’ascolto degli adolescenti?

L’ascolto delle persone di minore età è fondamentale e non a caso è uno dei temi centrali della Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia del 1989. Anche per questo è importante che la Regione Emilia-Romagna abbia predisposto un Piano pluriennale sull’adolescenza, autonomo e specifico per questa fase evolutiva. Dalle segnalazioni che riceviamo al nostro ufficio, provenienti da diversi interlocutori, notiamo che il tema dell’ascolto è centrale; tutti i problemi evidenziati con gli adolescenti hanno come nodo cruciale un ascolto non appropriato, sia esso a livello familiare, scolastico, giudiziario, ecc… L’adolescenza è un periodo complicato: rappresenta la sintesi di quanto avvenuto precedentemente e la proiezione nel futuro.  Questa fase è caratterizzata da tanta vivacità ma anche da elementi critici; è l’età dei problemi con i genitori, con l’autorità, con se stessi. Talvolta possono emergere anche patologie. Abbiamo pensato perciò di ampliare e di curare gli spazi e le modalità di ascolto. Valorizzeremo tutte le attività dirette alla partecipazione già esistenti. Cercheremo, nel fare questo, di ascoltare chi non viene ascoltato abitualmente, come ad esempio i ragazzi che vivono all’interno di comunità e di strutture. Il nostro obiettivo è di ampliare la rete e le modalità di ascolto  valorizzando ciò che già c’è.

Un problema crescente è quello della povertà infantile, che si connette anche alla povertà educativa. Com’è la situazione in Emilia-Romagna?

La povertà è un fenomeno complesso, multiforme. Non si tratta infatti solo di mancanza di mezzi ma anche di povertà di relazioni, affettiva, sociale… E’ presente anche in Emilia-Romagna ed è in crescita. La nostra regione, con il 12,5% di bambini relativamente poveri, è al di sotto della media nazionale (20,2%) ed è tra le regioni italiane con la percentuale di povertà infantile più bassa, ma il problema esiste anche qui. Principali fattori di povertà sono la numerosità del nucleo, la monogenitorialità, il livello di istruzione dei genitori, la cittadinanza straniera e i genitori in giovane età.  Il bambino povero soffre ancora prima di nascere perché la sua salute è collegata a quella della madre, che può avere a sua volta problemi derivanti dalle sue condizioni di vita. La povertà incide poi nel corso dell’evoluzione: il bambino povero è spesso isolato, non occupa il tempo libero con attività culturali o sportive, nelle relazioni con i coetanei e con altri adulti. In questo modo si impoverisce anche internamente e in lui si spegne la vivacità intellettiva. Anche le competenze dell’apprendimento risultano disturbate ed impoverite. In Emilia-Romagna la percentuale di adolescenti che non raggiungono le competenze minime in matematica è del 20%, in lettura del 18%. La povertà non rappresenta comunque un destino ineluttabile.  Se al bambino vengono offerte possibilità, opportunità, stimolazioni, ad esempio la frequentazione dell’asilo nido, della scuola a tempo pieno, l’accesso ad attività culturali, il disagio iniziale viene compensato e superato, come alcuni studi evidenziano. E’ certo che deve esserci maggiore investimento a livello educativo laddove c’è più povertà.

Un altro tema è quello dei minori stranieri non accompagnati. Che cosa si fa per loro?

La legge “Zampa” del 2017, indica tutte le azioni necessarie per l’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati e la catena delle varie responsabilità istituzionali. Attribuisce ai Garanti regionali la selezione e l’adeguata formazione dei tutori volontari. I tutori sono cittadini di età superiore ai 25 anni di età, con capacità di entrare in relazione con gli adolescenti e di essere un punto di riferimento per la loro crescita. L’esperienza realizzata in alcuni territori dimostra che la relazione può proseguire anche oltre il raggiungimento della maggiore età. I tutori sono espressione della comunità attiva che si prende cura dei cittadini. Ai tutori è garantito un percorso di formazione ed in seguito di sostegno all’interno di spazi dedicati. A Ferrara i tutori si sono riuniti in associazione di volontariato e un simile progetto sta per realizzarsi anche a Bologna. Il numero complessivo di aspiranti tutori nella nostra regione è 335 (ad oggi 143 hanno già concluso la formazione). In prevalenza (73%) sono femmine; il 43% ha meno di 45 anni (il 15% tra i 25 e i 35) mentre il 49,4% ha dai 46 ai 65 anni. Il 62,7% dei candidati è in possesso di una laurea e oltre il 92% conosce almeno una lingua straniera. Il 90,6% ha dichiarato di aver svolto esperienze di assistenza e di accompagnamento dei minori stranieri all’interno di associazioni di volontariato o culturali, agenzie educative o ambiti professionali.