Il penitenziario dell’Asinara – con il suo record mondiale di minor numero di evasi – ha ospitato i cattivi ma anche i buoni della nostra società. A vario titolo, hanno vissuto tra quelle impenetrabili mura brigatisti (Renato Curcio), mafiosi (Totò Riina), camorristi (Raffaele Cutolo) e anche magistrati (Falcone e Borsellino). Per sua struttura, l’Asinara ha accolto i malavitosi, che vi venivano rinchiusi poiché non dovevano avere contatti con l’esterno, e i magistrati, lì accolti e protetti da quelle stesse mura, perché all’esterno c’erano lupi pronti a sbranarli.

È passato un quarto di secolo dalla morte di Falcone e Borsellino e oltre 30 anni da quel periodo di lavoro che i due portarono avanti all’Asinara, per salvarsi dalle minacce che già nel 1985 ricevevano dalla mafia. Un luogo condiviso proprio con i peggiori esponenti di Cosa Nostra. Oggi un punto di incontro tra malavita e società come quello dell’Asinara è per me rappresentato dai campi confiscati alla malavita. Dove c’erano loro, adesso ci siamo noi.

A questa vittoria possiamo partecipare tutti e più cresceremo nella partecipazione e più raggiungeremo l’effetto che Totò Riina volle toccare con le esplosioni. Attentati col tritolo perché si vedevano bene, mandavano un messaggio chiaro chiaro, intimorivano e facevano proseliti. La stessa forza la possiamo mettere in campo, anzi, nei campi, anche noi.#impegno #culturalegalità